sabato 15 marzo 2014

LA FINE DEL SENSO DI DIO NELLA POESIA DI PAUL CELAN


Paul Celan si chiede e ci chiede: che senso hanno ancora Dio e il cantico delle sue creature dinanzi ad Auschwitz?
Flannery O'Connor
Se negli anni Cinquanta del secolo scorso la scrittrice americana Flannery O'Connor può ancora scoprire, in quanto cattolica, un senso nel male che Dio aveva inviato a lei stessa (colpita da un lupus che la porterà alla morte nel 1964 a 39 anni, dopo che, per soprammercato, a questo morbo si era affiancato un tumore), o alla piccola Mary Ann, che a soli 3 anni è già devastata da un tumore che le sfigura il visetto e che, dopo una lunga sofferenza a cui contrappone una grande energia vitale, la ucciderà a 12 anni, rispondendo così all'atroce domanda “Perché soffrono i giusti e gli innocenti? Perché muoiono i bambini?”, il poeta romeno di lingua tedesca Paul Celan, dopo l'esperienza dei “campi” nella II Guerra mondiale, esperienza vissuta in quanto ebreo, non può assolutamente più continuare a mantenere aperto alcun credito a Dio stesso perché, ormai, tale fiducia gli si potrebbe concedere solo nascondendo il corso degli eventi.
 
Disegno da Terezin
 
Dinanzi allo spettacolo delle piccole valigie disposte nelle teche del museo della memoria dell'Olocausto di Terezin Dio ha perduto ogni possibilità di continuare a proporsi quale garante del cosmo, ha sperperato, ha dissipato ogni immaginabile fede nei suoi riguardi: da quelle piccole valigie sprigiona, infatti, una tremenda forza che ha potuto oscurare eternamente il sole; dinanzi a tale spettacolo il mondo si sarebbe dovuto fermare se il Male non fosse prevalso. E invece, «guardati intorno: / vedi come in giro si rivive - / Per la morte! Si rivive! / Dice il vero, chi dice ombre» [Paul Celan, Parla anche tu, in, Di soglia in soglia, trad. it. di G. Bevilacqua, Einaudi, Torino 1996, p. 97]

Disegno da Terezin


Nella raccolta poetica Di soglia in soglia [trad. it. cit.] vi sono tre poesie in cui Celan si interroga, appunto, sulla possibilità che Dio abbia ancora un senso; queste sono: Innestato nell'occhio, Colui che ci contò le ore e Assisi. Ponendosi tale interrogativo esse sembrano avere superato il tema tanto discusso se dopo Auschwitz sia ancora possibile la poesia, per chiedersi, piuttosto, se possa esserlo Dio stesso. Tale possibilità viene negata da Celan, il quale osserva come Egli resti ormai solo una figura analoga quella di un re mantenuto quale ornamento in un mondo democratico; come un addetto comunale Dio serve ancora unicamente a sorvegliare i confini dei campi, o a regolare l'orologio della torre che scandisce il tempo cittadino. Ma dopo Auschwitz, infine, secondo Celan, neppure il più puro e luminoso dei santi, Francesco d'Assisi, ha senso visto che non può neppure confortare quei morti che ancora implorano il perché del loro destino.
 
A tutta palpebra si stende il cielo / e sotto, riparato dalla gemma, / l'Eterno ara, / il Signore. // Ascolta il vomero, ascolta. / Ascolta: esso stride / sopra la dura, la chiara, / l'immemoriale lacrima. [Innestato nell'occhio, trad. it. cit., p. 45].

Colui che ci contò le ore, / costui seguita a contare. / Che mai conterà, dimmi? / Egli conta e riconta. [Colui che ci contò le ore, trad. it. cit., p. 47]
 
Muto ciò che pervenne alla vita, muto. / Travasa le urne. / [...] Splendore, che non sa confortare. / I morti, Francesco, implorano ancora. [Assisi, trad. it. cit., p. 49]
 
Paul Celan

domenica 2 marzo 2014

La catastrofe è vicina quando, come scriveva Keynes nel 1919, «Le previsioni più terribili non ci commuovono».

«Saranno gli eventi a determinare l'immediato futuro, e il destino dell'Europa non è più nelle mani di questo o quell'uomo. Gli sviluppi dell'anno venturo non saranno foggiati dagli atti atti deliberati degli statisti, ma dalle correnti nascoste che incessantemente fluiscono sotto la superficie della storia politica, e il cui sbocco nessuno può prevedere.» Che fare? «Mettere in moto quelle forze dell'educazione e dell'immaginazione che cambiano l'opinione. Affermare la verità, svelare le illusioni, dissipare l'odio, allargare ed educare il cuore e la mente degli uomini.»
 
Una pace acuminata
 
Con queste parole scritte nell'autunno del 1919 Keynes conclude la sua analisi critica delle conseguenze disastrose per il futuro europeo di una pace vendicativa imposta alla Germania dagli Alleati vittoriosi. Il destino europeo sembra essere ormai nelle mani di quelle che Keynes definisce le “correnti nascoste” o (con termini stranamente hegeliani per un liberale britannico) la “Volontà Immanentedella storia, piuttosto che in un'attività politica cosciente, anche se contro quelle “correnti” non può fare a meno di chiamare in campo - in modo tanto vagamente patetico, quanto contraddittorio - le “forze dell'educazione”, cioè le virtù illuministiche del gentleman.

 
In ultimo a Keynes non resta che ricordare il magnifico verso di Shelley: «they know not what they do.»
È una vera fortuna che ai giorni nostri il periodo buio di cui ci parla questo grande osservatore sia acqua passata e che il verso di Shelley non ci riguardi più.
Un'immagine dell'Europa?
 
[J. M. Keynes Le conseguenze economiche della pace, trad. it. di F. Salvatorelli, Adelphi, Milano 2007, pp. 232-233; il riferimento alla “Volontà Immanente” è a p. 189].

 
 

 
 
 



sabato 22 febbraio 2014

Il mito illuministico dell'educabilità illimitata del genere umano e il progetto di una schiavitù volontaria

Edipo e la Sfinge, De Chirico
 
 
L'imbroglio illuministico muove dall'aver creduto all'idea del vecchio Xenofane secondo cui gli uomini cercano il meglio e a poco a poco lo trovano. Il cuore della mistificazione sta tanto nella pretesa che l'uomo sia originariamente interessato a mutare in meglio l'essere, quanto in quella che ciò sia possibile, anche se con la formula a poco a poco”: in questo modo venne inventata l'idea di progresso. Abbiamo così creduto allo psicologico e all'antropologico, cioè al fatto che la risposta che Edipo dà alla Sfinge sia quella giusta, per cui l'uomo può debellare la pestilenza (almeno quella di cui è causa egli stesso).
 
Così l'Uomo sarebbe il Senso. E invece vien fuori che vero senso è il non senso, è l'errore: la verità è nel tragico o nell'idea che ciò che è accade e che l'accadere non ha senso morale, pedagogico. La sofferenza non vuol dire niente, specie quando capita all'innocente; mentre allo stupido capita la commedia e il suo happy end. Mythos è raccontare, narrare tutto questo. L'essenziale è far ridere, piangere, stupire. Ne fa fede il bambino quando vede il mondo per quel che è e lo giudica perciò esteticamente con le categorie originarie “Bello/Brutto” (o “Grande/Piccolo” se si riferisce alle persone), mai con quelle degli adulti “Buono/Cattivo” o “Giusto/Ingiusto” come pretende Cormac McCarthy nel suo “Libro Cuore” apocalittico The road in cui un novello De Rossi in versione piagnucolosa  (sotto lo sguardo benevolmente preoccupato del padre, ansioso di fargli capire che questo mondo è un inferno, tanto che nessuno, neppure lui, ne esce vivo) continua a ribadire che loro fanno parte della schiera dei buoni.
 

Dunque, progetto democratico avrebbe dovuto essere quello di emancipare il popolo sulla base dell'idea illuministica dell'educabilità illimitata del genere umano. Ora, se per emancipazione del popolo dall'ignoranza si intende la sua scolarizzazione, almeno in Occidente, tale processo è già avvenuto. Ma nonostante ciò il soggetto “popolo” non si dimostra in grado di badare ad altro che ai propri interessi empirici, restando pietosamente al di sotto dei grandi modelli di vita del cristianesimo o del razionalismo. Allora che dire? Forse non è vero che il genere umano sia illimitatamente educabile e, forse che, perciò la democrazia tende a ridursi a pura e semplice manipolazione delle masse attraverso la propaganda? O forse il progetto educativo ha ottenuto il suo vero scopo, uno scopo che ha dovuto tenere ben nascosto perché fosse possibile conseguirlo con la docile collaborazione di quelle masse? Passare ad un regime in cui la schiavitù fosse liberamente accettata.
"The road", un'inquadratura del film




sabato 15 febbraio 2014

Jung: l'Illuminismo e le forze del Destino

Jung

L'essenziale secondo Jung è l'occulto; l'illuminismo, invece, ritiene che sia l'occultatosi. In origine, secondo Jung, c'è infatti l'occulto, una cui porzione, in seguito, si fa conscia. Da allora c'è scissione. La coscienza issa il suo mondo chiaro sull'abisso dell'occulto che le si presenta ogni volta sotto forma di archetipo a riscuotere il suo tributo. Così ecco gli dei, ecco le forze rapinose del Destino che impongono oboli alla vita cosciente sottraendole energia, fecondità, serenità.
 
La barca dell'Io

 
L'uomo non può sconfiggere l'occulto, può solo resistergli restando fedele a se stesso, alla propria parte cosciente, accettando che morti, fantasmi e demoni abbiano eletto presso di lui il proprio domicilio. Non resta che trascorrere al meglio assieme ad essi la propria vita, cioè, come suggerisce Voltaire nel finale di Candido, coltivare (con cura) il proprio giardino.


Coltivare il proprio giardino
 
 

sabato 8 febbraio 2014

Le conseguenze economiche della pace secondo Keynes o la ricostruzione di ciò che accade quando si spaccia per eterno ciò che è solo storico



Il significato più profondo del libro di Keynes Le conseguenze economiche della pace consiste, secondo noi, in una splendida analisi in cui si spiega come mai, interi popoli, o gruppi sociali, o anche solo individui, badando unicamente al proprio tornaconto, spacciano ogni volta per eternità economica quella che è solo figlia di momentanee circostanze storiche. In questo senso è un'opera che riveste un grande valore critico nei confronti del mondo attuale, è cioè in grado di gettare luce sulla penombra che sta oggi invadendo la nostra vita.

 
 
 
Ecco come inizia il libro, frutto, come si sa, della partecipazione di John Maynard Keynes alla conferenza di pace di Versailles nel 1919 in veste di delegato del ministero del tesoro britannico: «La capacità di abituarsi alle circostanze è un tratto spiccato del genere umano. Ben pochi di noi si rendono conto appieno del carattere fortemente insolito, instabile, complicato, incerto, temporaneo dell'organizzazione economica con cui l'Europa occidentale è vissuta nell'ultimo mezzo secolo. Consideriamo naturali, permanenti, sicuri, alcuni dei più singolari e temporanei nostri vantaggi recenti e ci regoliamo nei nostri piani di conseguenza. Su questa base precaria e ingannevole progettiamo miglioramenti sociali e allestiamo piattaforme politiche, coltiviamo le nostre animosità e le nostre particolari ambizioni, e pensiamo di disporre di un margine bastante per fomentare, anziché mitigare, il conflitto civile nella famiglia europea. Spinto da folli illusioni e da temeraria tracotanza, il popolo tedesco ha scardinato le fondamenta sulle quali tutti vivevamo e costruivamo. Ma i rappresentanti dei popoli francese e britannico si sono messi a rischio di completare l'opera rovinosa cominciata dalla Germania, con una pace che se mandata a effetto non può che danneggiare ulteriormente, quando avrebbe potuto restaurare, la delicata e complessa organizzazione, già scossa e devastata dalla guerra, mediante la quale soltanto i popoli europei possono vivere e lavorare» [J. M. Keynes, Le conseguenze economiche della pace, trad. it. di F. Salvatorelli, Adelphi, Milano 2007, pp. 17-18).
 
John Maynard Keynes



venerdì 31 gennaio 2014

La miseria del liberismo alla luce (critica) del concetto di ideologia.


Vogliamo qui trattare il liberismo quale teoria economica che considera l'arricchimento privato illimitato come un bene pubblico alla luce del concetto di ideologia. Ma è evidente che l'argomentazione critica che qui impieghiamo per smontare le mistificazioni del liberismo è perfettamente in grado di colpire qualsiasi pretesa di spacciare per universali interessi particolari.

 
Fachiro sospeso nell'aria
 
 
Esce in questi giorni per il pubblico di lingua italiana la versione aggiornata del libro di Arthur C. Brooks, La via della libertà,
nel quale si afferma che «Come fautori della libera iniziativa, possiamo trovare conforto nel sapere che i fatti e i dati sono dalla nostra parte, ma, se vogliamo prevalere, dobbiamo prima dimostrare che anche gli argomenti morali sono con noi».
A tale proposito i curatori dell'opera osservano: «In un momento storico nel quale il capitalismo non gode di grande popolarità, Arthur Brooks, presidente dell’“American Enterprise Institute” di Washington, DC, si propone di mettere in luce la natura morale del sistema fondato sulla libera iniziativa. Ne La via della libertà, l’autore spiega come il capitalismo di mercato esalti le individualità, produca equità di opportunità, garantisca mobilità sociale, aiuti gli svantaggiati, predisponga alla carità e corrisponda alle preoccupazioni morali delle persone.» Insomma: una vera panacea.
Ma com'è possibile un effetto talmente meraviglioso da riuscire a santificare anche l'egoismo più gretto? Rispondono i curatori asserendo che «La chiave di volta è il “successo conquistato”, che avvicina alla felicità e alla realizzazione personale più dell’assistenzialismo, capace solo di portare verso una spirale di dipendenza dallo Stato che non giova né all’animo umano né al tessuto sociale
 
 
Fachiro sospeso
 
 
Nel leggere questo repertorio deamicisiano di edificanti intenzioni e miracolose capacità di provocare la felicità generale da parte dell'arricchimento privato viene in mente la favoletta che narrava il grande sociologo Vilfredo Pareto per spiegare ai suoi studenti il concetto di ideologia in quanto mascheratura, appunto, di interessi privati così da farli apparire come pubblici in modo di ottenere la convinta collaborazione al loro raggiungimento proprio di coloro che risultano più danneggiati da tale conseguimento. «Se il gatto acchiappa il topo e se lo mangia», diceva Pareto, «non c'è alcuna ideologia perché i fatti sono esposti così come sono e il gatto appare per quel che è: un cacciatore e divoratore di topi. Se, invece, una volta catturato il topo, il gatto gli impartisce una serie di lezioni in cui gli insegna che, certo, purtroppo dovrà mangiarselo, ma che lo fa solo per il suo bene e con grande rincrescimento, ecco che allora si ha una costruzione ideologica prodotta, appunto, con l'intento di giustificare, ammantandola di un fine superiore, un'attività che soddisfa interessi di parte.
Ma la costruzione ideologica, come si diceva, presenta il grande vantaggio di convincere il danneggiato a collaborare “per il proprio bene” con colui che lo danneggia. Tale processo mostra, quindi, quale suo momento qualificante la presenza di un attore dotato di “cattiva coscienza” in quanto produce teorie ideologiche in grado di indurre “falsa coscienza” in qualcuno: infatti costui, assumendo come propri gli interessi di quell'altro e agendo di conseguenza contro se stesso, viene inconsapevolmente ad autodanneggiarsi. Un autentico processo educativo dovrebbe, allora, essere in grado togliere la “falsità” alla coscienza per renderla “giusta”, cioè semplicemente consapevole tanto dei propri interessi che di quelli dell'altro. Ma, come insegna la storia, il cammino per la liberazione della coscienza attraverso un suo rischiaramento critico è tra i più lunghi e difficili e durante tale percorso le sirene dell'ideologia non smettono di intonare la loro canzone.
 
 
Il gatto e il topo
 
 
 





lunedì 27 gennaio 2014

“Il latte nero”di Paul Celan. Per il 27 gennaio 2014

 
 
Paul Celan
 
Paul Celan è colui che fa poesia dopo Auschwitz (o dopo il 20 gennaio 1942, quando fu decisa la "soluzione finale"), cioè dopo lo scandalo insostenibile della storia (per cui l'uomo e Dio stesso hanno cessato di esistere), nonostante il divieto di Adorno. Ma questo divieto, secondo noi, è simbolicamente rivolto a Mallarmé per il quale la poesia deve avanzare come se nulla fosse accaduto, non certo a Celan per il quale, invece, “qualcosa accade” a interrompere una "conversazione" che si tiene in una bella stanza e che potrebbe andare avanti all'infinito (cfr. P. Celan, Il meridiano, Discorso in occasione del premio Büchner a Darmstadt, 22 ottobre 1960, trad. it. e introduzione di G. Bevilacqua, Einaudi, Torino 1993, p. 3).
 
Qualcosa accade... qualcosa di insopportabile e inesprimibile, ma che Celan ebbe la forza dolce e scandalosa di dire proprio nella "sua" lingua materna-assassina..."latte nero"... 
 
 

FUGA DI MORTE
(Todesfuge)
di Paul Celan

Nero latte dell'alba lo beviamo la sera
lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo di notte
beviamo e beviamo
scaviamo una tomba nell'aria là non si giace stretti

Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all'imbrunire in Germania i tuoi capelli d'oro Margarete
lo scrive ed esce dinanzi a casa e brillano le stelle e fischia ai suoi mastini
fischia ai suoi ebrei fa scavare una tomba nella terra
ci comanda ora suonate alla danza

Nero latte dell'alba ti beviamo la notte
ti beviamo al mattino e a mezzogiorno ti beviamo la sera
beviamo e beviamo

Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all'imbrunire in Germania i tuoi capelli d'oro Margarete
I tuoi capelli di cenere Sulamith scaviamo una tomba nell'aria là non si giace stretti

Lui grida vangate più a fondo il terreno e voi e voi cantate e suonate
impugna il ferro alla cintura lo brandisce i suoi occhi sono azzurri
spingete più a fondo le vanghe voi e voi continuate a suonare alla danza

Nero latte dell'alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno e al mattino ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
 
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d'oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith lui gioca con i serpenti

Lui grida suonate più dolce la morte la morte è un maestro tedesco
lui grida suonate più cupo i violini e salirete come fumo nell'aria
e avrete una tomba nelle nubi là non si giace stretti

Nero latte dell'alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno la morte è un maestro tedesco
ti beviamo la sera e la mattina e beviamo e beviamo

la morte è un maestro tedesco il suo occhio è azzurro
ti colpisce con palla di piombo ti colpisce preciso
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d'oro Margarete
aizza i suoi mastini contro di noi ci regala una tomba nell'aria
gioca con i serpenti e sogna la morte è un maestro tedesco

i tuoi capelli d'oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith

(Tratto da Paul Celan, Poesie, traduzione di Giuseppe Bevilacqua, Mondadori, Milano, 1976.)
 
 








venerdì 24 gennaio 2014

Varie ed eventuali 3 - Il sadismo di massa e la mistificazione sulla ragione umana - Un omaggio a Ingeborg Bachmann


Poiché non è vero che il meglio deve ancora venire, quali argomenti all'ordine del giorno non resta che lasciare le varie ed eventuali.
 
 
Ingeborg Bachmann
 
« La gente si sente in dovere di leggere, e d'altra parte sanno già tutto prima ancora di averlo letto. Anche tu stai leggendo come se già non sapessi tutte quelle notizie sulle torture, identiche una all'altra, tu le leggi e sai che è vero, inumano, che tutto questo deve finire, e poi vorresti magari scattare ancora qualche fotografia, perché centinaia di migliaia di persone possano anch'esse vedere come si viene torturati. Sapere dunque non basta! […]. Io dico soltanto che è già un segno di arroganza, di degradazione e di abiezione mostrare a un uomo come soffrono altri uomini. […]. Quindi fare una cosa simile perché uno posi per un attimo la sua tazza di caffè e mormori: Oh, che cosa atroce! […]. No mia cara, non sono io che considero l'umanità fondamentalmente malvagia, priva di ogni possibilità di capire le cose, irrecuperabile insomma, sei tu che la consideri così, altrimenti non penseresti che oltre un paio di comandamenti gli uomini abbiano bisogno di reportages e “materiale duro” […]. Oh, ma quale, quale ragione, se fino a oggi non l'hanno usata, a cosa è servito mai tutto quello che è stato fatto in secoli e secoli per ridurre l'umanità alla ragione.» (I. Bachmann, Tre sentieri per il lago, in, Id., trad. it. di A. Pandolfi, Adelphi, Milano 2012, V, pp. 164-165; corsivi miei).
 
Ingeborg Bachmann conversa con Paul Celan

domenica 19 gennaio 2014

VARIE ED EVENTUALI. 2

Poiché non è vero che il meglio deve ancora venire, non resta che lasciare le varie ed eventuali quale unico argomento all'ordine del giorno.
 
 
Greta Garbo interprete di "Anna Karenina"
 
2. Anna Karenina o sul valore del masochismo nella vita moderna.
Anna Karenina è bella, è affascinante, è seducente, ma dentro di lei abita, quale ospite il più inquietante, il tumore del masochismo, un mostro che la divora, che le impedisce di godere della sua grazia, della sua fortuna e che, infine, esige che paghi con la vita ciò che la vita stessa le ha donato. Al culmine del suo delirio autopunitivo Anna esclama: «Liberarsi da quello che inquieta […]. E perché non spegnere la candela quando non c'è più nulla da guardare, quando fa schifo guardare tutto questo? […]. Tutto è bugia, tutto menzogna, tutto inganno, tutto malvagità... […]. Là, proprio nel mezzo [del treno, n.d.r.], e lo punirò e mi libererò da tutti e da me stessa» (Anna Karenina, trad. it. di L. Ginzburg, Einaudi 1993, pp. 830-832 passim).
 
Questo luogo, in cui Tolstoj dipinge il senso della figura di Anna o dell'Io moderno, è uno dei più profondi che sia dato trovare nella letteratura. In esso si dice che la più grande persecuzione è quella che infliggiamo a noi stessi. La più terribile delle scoperte è che io sono il persecutore di me stesso, un persecutore sadico e inflessibile da cui non ci si può liberare che con la morte. Io sono il più temibile guardiano della mia felicità, sono io che soprattutto e sopra tutti la ostacolo, la limito, la intralcio in ogni modo possibile e immaginabile. Tolstoj vide e narrò del masochismo come della categoria essenziale attraverso cui cogliere il senso dell'Io moderno.

 
 

domenica 12 gennaio 2014

VARIE ED EVENTUALI - 1. Logica liberistica


Poiché non è vero che il meglio deve ancora venire, non resta che lasciare le varie ed eventuali quale unico argomento all'ordine del giorno.

1 - Logica liberistica. Dice la professoressa della Bocconi all'esponente di “Decrescita felice” durante una trasmissione televisiva: «Se per uscire dalla crisi fossero state possibili soluzioni alternative a quelle oggi effettivamente praticate i privati le avrebbero già trovate». Cioè: le uniche scelte razionali sono quelle in cui i singoli individui interessati alla propria autoconservazione cercano di ottenere il massimo profitto impegnando il minimo delle risorse.
 
A questo punto, con un grazioso ragionamento che fa la giravolta, il conduttore chiede all’ospite che proponeva una logica diversa: «Ma come si fa a trovare i soldi per la decrescita?» (sottintendendo: se non si è sicuri di ricavare un profitto?). Ora tutti sono più tranquilli e possono tornare a guardare nella direzione di marcia del super-locomotore del Sistema che garantisce da secoli una cospicua accumulazione di capitale, anche se ogni tanto deve affrontare lunghe salite che obbligano alcuni ad interrompere le ferie e lo shopping.
 
La scena è finalmente illuminata dalle parole di un uomo della strada intervistato a proposito dell'attuale riluttanza ad impiegare il proprio denaro per far ripartire l'economia: «Perché qualcuno dovrebbe investire nella produzione sperando in un margine oggi molto aleatorio, ma con la certezza di una tassazione elevata, quando comprare titoli, accanto alla sicurezza di pagare tasse molto più basse, gli assicura una cospicua rendita finanziaria?» Ecco la domanda. Essa è preziosa perché, tra l'altro, contiene anche la risposta all'interrogativo: ma chi sono i cattivi?

 
LA MARATONDA


giovedì 2 gennaio 2014

Sul significato dell'essere. Ovvero il Buono, il Brutto, il Cattivo.


Nel bosco c'è un escremento di cavallo.
Passa di lì un cattolico e soavemente esclama:Che bello, c'è un cavallo!”.
Quando, invece, passa un materialista si sente un urlo:Che schifo, una merda di cavallo!”.
Da ultimo passa di là un filosofo che subito chiede: Com'è possibile ci sia qualcosa?”.