Prima intervista: "Un filosofo e un libro svelano il segreto del successo del mito del vampiro" di Rita Lofano
C. Lee come Dracula in Horror of Dracula di T. Fisher, 1958
Se Dracula di Bram Stoker è ancora il romanzo più letto di tutti i tempi, la sua trasposizione cinematografica nel 1992 ha vinto tre Oscar e salvato il regista Francis Ford Coppola dal fallimento. Oggi il 24enne Robert Pattinson, protagonista della saga vampiresca Twilight, è considerato tra gli uomini più ricchi del mondo. Perché l'immagine del vampiro trova da più di due secoli un suo pubblico ininterrottamente pagante? Secondo lo studioso Mario Barzaghi, autore de Il mito del vampiro - Da demone della morte nera a spettro della modernità (Rubbettino, Soveria Mannelli 2010) , il vampiro rappresenta la geniale personificazione di un archetipo, della psiche collettiva di un’epoca, “è il volto oscuro di un mondo senza radici dominato dal sole nero della melanconia, di un mondo di degrado affettivo in angosciosa attesa che sopraggiunga da fantastiche lontananze il Persecutore, l’incubo moderno la cui perfetta figura è quella di Dracula”.
Perché il mito del vampiro “richiama lettori insaziabili” e continua a sbancare i botteghini del cinema? Perché il pubblico gode nel ripetere in continuazione una simile esperienza?
Per rispondere a questa domanda dovremo cercare di spiegare la regola in base a cui riesce a muoversi la figura del vampiro, cioè capire perché sprigioni un'efficacia di così elevata densità da restituire al suo pubblico un complesso di rappresentazioni adeguato alle sue attese emotive. Il punto chiave della questione consiste nel fatto che quella del vampiro sembra porsi come figura emblematica della modernità: ma com’è possibile sia effettivamente moderna qualcosa i cui caratteri essenziali provengono dal repertorio più arcaico concepibile, cioè addirittura dal rituale esorcistico contro la peste elaborato dal folklore europeo che Frazer chiama "fuoco della miseria" e che, purtuttavia, appaiano come nuovi ad un'esperienza sottoposta alla ripetizione ossessiva della loro fruizione quale quella dello spettatore cinematografico? Ciò rende, a mio avviso, estremamente interessante la ricerca della regola che fa sì che il vampiro si presenti ogni volta come moderno, nonostante si offra ripetutamente sempre identico al consumo solerte e instancabile del suo pubblico.
Esiste davvero una regola in base a cui spiegare perché lo spettatore moderno corre incontro, come ad una novità, a ciò che gli è da sempre già noto?
Il fatto è che il vampiro costituisce un'immagine arcaica in grado di raffigurare l'esperienza moderna, cioè un’immagine suscettibile di costituirsi in un archetipo collettivo (e perciò, come insegna Jung, in una forma drammatica essenziale inconscia dello spirito) atto a sopportare carichi rappresentativi sino a raggiungere sua singolarità col personaggio di Dracula "creato" da Bram Stoker. In tal modo esso raggiunge lo status di "mito moderno". Stoker, dunque, non è semplicemente un letterato che inventa un personaggio, ma un'espressione talmente acuta della psiche collettiva della sua epoca da essere stato in grado di esprimere con Dracula il Vampiro per antonomasia, cioè il "mito del Vampiro" in quanto sino a quel momento tale figura era ancora dispersa in una serie di elementi generici, cioè non aveva ancora raggiunto la singolarità che è divenuta familiare alle successive generazioni dei lettori.
Perché la figura del vampiro attrae molto i giovani, perché ha una forza particolare nell’immaginario collettivo giovanile?
Penso che sia perché, una volta raggiunto il suo status canonico col Dracula di Stoker, l'immagine in quanto archetipo si presta come nessuna altra a venire tradotta in un linguaggio clonale filmico-letterario e ad essere ripetuta, così, all'infinito sino all'attuale schiera dei vampiri-ketchup. Noto lo schema produttivo essa può, infatti, venir singolarizzata ad libitum e lo sarà in quanto espressione estetica di un carattere moderno dell'affettività: quello per cui ogni io trova difficoltà ad amare realmente in quanto entro la modernità si producono sistematicamente condizioni che lo rendono incapace di attuare - come insegna Freud - un'equilibrata distribuzione dell'energia affettiva in termini oggettuali e narcisistici.
Per quanto riguarda la mia definizione dell'attuale tipo giovanilistico del vampiro quale vampiro-ketchup, intendo dire che il neo vampirismo tardo moderno si caratterizza come una tendenza al consumo indefinito dell'inconsumabile, cioè del mito del vampiro attraverso il principio della serialità. Una forma particolare di tale consumo è, di recente, la nascita di una "vampiricità per adolescenti" secondo cui il vampiro è il nuovo ideale antropologico in quanto è uno sportivo dall'ammirevole forma fisica ottenuta praticando particolari esercizi ginnici, per cui il fittness è il modello che rimpiazza quello della "buona vita"; come ogni sportivo moderno che si rispetti, poi, il vampiro si mantiene sempre giovane osservando una particolare dieta fortemente proteica che non consente l'accumulo di grassi; il suo approccio affettivo è il flirting: egli rappresenta, così, un'assoluta norma comportamentale giovanile in quanto ha del tutto messo da parte ogni noiosa questione morale in favore della sola dimensione estetica. In una parola è l'utente ideale di Facebook. Tutto ciò è portato alla sua espressione perfetta nel ciclo di romanzi della saga di Twilight di Stephenie Meyer incentrata sull’amore tra Isabella Swan ed il vampiro Edward Cullen (di cui il film omonimo di Chaterine Hardwicke del 2008, offre con i volti di Kristen Stewart e di Robert Pattinson la rappresentazione congruente). Non è un caso che quella di "Twilight" sia una "saga", cioè sia una narrazione a struttura seriale consistenye in una quadrilogia (in definitiva un menù di quattro pietanze identiche) e cioè, com'è noto, da Twilight (2005), New Moon (2006), Eclipse (2007) e Breaking Down (2008).
Kristen Stewart e Robert Pattinson
Lei è un professore di filosofia, molto amato dagli studenti. Su facebook c’è perfino un fan club di suoi ex alunni. La chiamano il divino, mitico Barza, super Mario. Ora forse la chiameranno anche Dracula... ma qual è il segreto di tanto successo con i ragazzi?
Rispondere a questa domanda è impossibile, essendo io il diretto interessato, oltre che imbarazzante: bisognerebbe chiedere ai ragazzi stessi. Proverò, però, a riportare qualcosa di quanto mi hanno scritto anni dopo. Una volta un ragazzo mi ringraziò del fatto che all'esame di maturità in cui ero commissario, vedendolo particolarmente teso, gli offrii una sigaretta; le sue parole furono «Non dimenticherò mai questo gesto». Una ragazza ormai laureata e sposata avendomi ritrovato su facebook mi ha scritto: «Prof! Ahhhhh ke bello risentirla dopo ....dopo.....dopo quanto? 15 anni???? Santo cielo.....quanto tempo............ho ancora tutte le tesine conservate e anche l'ultima lezione su nastro!!!!!! Mitico!!! Ma adesso che fa il nostro Barzapapà - come ci piaceva chiamarla tra noi -???!!! Non so se si ricorda davvero di me....anche se non sono cambiata molto ;-) ma io non posso dimenticare tutto quello che ho imparato dalle sue lezioni prof!». Un altro ragazzo mi ha scritto: «Per me il mito più grande è stato il prof il giorno che ci ha dimostrato come riusciva a muovere la materia con il pensiero! quello è stato un vero miracolo! mi ha aperto un terzo occhio! grazie Mario. Ma ci riesce ancora prof? spero proprio di si! si ricorda? Sollevò semplicemente il braccio! e scoppiammo tutti a ridere!» E ancora una ragazza dice: «Che dire, lei è un maestro di vita! E come poche persone, davvero speciale e perciò le sono profondamente affezionata...». Più nello specifico questa allieva scrive: «Ho avuto la fortuna di capire tramite la filosofia il senso di tante cose. Correva l'anno 1987 mese di ottobre il giorno era o il 24 o il 26 lei è entrato in classe e ci ha detto "Oggi iniziamo Kant e sarà come andare in alta montagna dove l'aria si fa più rarefatta". Le sue lezioni su Kant (quanto mi risulta riduttiva questa definizione!) terminarono quattro mesi dopo alla fine di febbraio con tutto quello che questo ha comportato nella vita di molti di noi e in me in particolare.». Un altro mi scrive a proposito di questo libro: «E' il caro vecchio vampiro, prof? Ce lo presentò in una lezione memorabile dell'"ora di religione alternativa", ricorda? Eravamo nella saletta a vedere film: tra gli altri "I figli del deserto" (Stallio e Ollio) e "Beau Geste" (Gary Cooper)... oltre naturalmente a "Nosferatu"... Ricordo anche "Tarzan" con Weissmueller, il "Mistero del falco", "Niagara" e la "Notte dei morti viventi" di Romero... non so se dimentico qualcosa. Ricordo poi un film in cui c'era una soggettiva da dentro una bara, ma non ricordo che film fosse...». Concludo queste testimonianze di affetto con quella di questa ragazza che dice:
«Così tante volte ho pensato di scrivere! Ma non sapevo l'indirizzo :-) Ci siamo conosciuti solo un anno, ma quello che ho imparato me lo son portato sempre dentro: il mio quadernone giallo e blu da grafomane. Per anni hanno cercato di farmelo disimparare, il pensiero critico. Ma tengo duro!»
Qual è il suo vampiro preferito?
Se intendiamo le storie sui vampiri, senz'altro lo splendido e sottile racconto Carmilla di LeFanu: una storia di una profondità sconcertante a cui dedico un parte apposita nel mio libro; se intendiamo il film, di certo quello il primo che vidi da bambino e che suscitò in me un tale stupore da poter dire che è stato forse il responsabile del mio interesse per il vampiri; mi riferisco a Dracula il vampiro (Horror of Dracula) di Terence Fisher del 1958 con due splendidi interpreti Chris Lee (Dracula) e Peter Cushing (Van Helsing) della gloriosa casa di produzione inglese “Hammer Film”.
Illustration of Carmilla from The Dark Blue by D. H. Friston, 1872
Seconda intervista - Trasmissione Radio Luiss
"Uno Speciale sui Vampiri con Mario Barzaghi" - 29-10-2010.mp3
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