sabato 7 maggio 2011

LE ORIGINI DEL VAMPIRO O SUL VAMPIRISMO ROSSO E NERO

Paul Klee, Testa minacciosa

Il vampiro è l'espressione di un campo di forze spirituali che in Occidente data dal 1730 per cui, avendo solo 280 anni, è un mito moderno.

Ma la sua radice affonda in una tradizione dell'Europa orientale.

Noi qui sintetizziamo questa radice chiamandola

del vampirismo rosso e nero

Cerchiamo, allora, di ricostruire questa tradizione.

I - L'IDEA DI NON MORTO NEL MONDO BALCANICO
Nel folklore balcanico si dice non-morto un cadavere che, non avendo la benedizione della decomposizione, non riposa in pace ma esce dalla sua bara per visitare i propri cari:
il non-morto è detto in Serbia vàmpir

L'idea che la non decomposizione sia una maledizione è propriamente balcanica e della chiesa greco-ortodossa.
Quest'idea è opposta a quella cattolica per cui la conservazione del cadavere è, invece, segno di benedizione.
La mummia della bimba Rosalia Lombardo (1918-1920)
esposta nel Cimitero dei Cappuccini a Palermo
Nel cattolicesimo il cadavere viene conservato in segno di rispetto ed è oggetto di culto.
Diversamente da quanto avviene nei paesi cattolici nei Balcani greco-ortodossi i cadaveri non decomposti sono considerati non-morti e perciò vampiri: esseri mostruosi che hanno l'attitudine di visitare i propri cari o i membri della comunità per succhiare il loro sangue e mantenere, così, il legame sciolto dalla morte.
I non-morti, quindi, sono vampiri in quanto mossi dal desiderio di ristabilire il legame perduto con la comunità. 
Questa, allora, si difende aprendo la bara del vampiro per fissare per sempre il suo cadavere alla terra con un paletto.
Moraine, le vampire - da "Tribunaux secrets"

Secondo la tradizione balcanica se il cadavere giace nella bara in modo scomposto ed è di colorito rubizzo, allora è un non-morto, perciò in Serbia circola il detto «Rosso come un vampiro».
Noi perciò chiameremo questa specie di non-morto «vampiro rosso» per distinguerla da un'altra specie che chiameremo del «vampiro nero».

Nell'Europa dell'est si verificarono vere e proprie epidemie di non-morti che vennero documentate sin dalla fine del Seicento.
Si parte dall’Istria (1672), quindi in Grecia (1701), Prussia orientale (1710-1721), Ungheria (1725-30), Serbia (1725-32), Slesia (1755), Valacchia (1756), Russia (1772) e così via.

Ma casi più famosi e documentati furono quelli del serbo Peter Plogojowitz (1725) avvenuto a Kisilova e dell'ungherese Arnold Paul (1731) accaduto a Mendreiga.

Circa Plogojowitz, gli abitanti del villaggio di Kisilova dichiararono alle autorità asburgiche intervenute che, se non avessero provveduto immediatamente ad eliminare il non morto, avrebbero tutti abbandonato il villaggio perché temevano che l'intera comunità sarebbe stata sterminata dal vampiro, cosa che sostenevano fosse già successa durante il periodo di dominazione turca.
Per quanto riguarda il secondo caso, nel villaggio di Mendreiga i sospetti circa la propagazione dell'epidemia di vampirismo si erano appuntati sul contadino Arnold-Paul, morto trenta giorni prima e che, ancora in vita, «aveva raccontato spesso che nei dintorni di Cassovia, alla frontiera con la Turchia, era stato tormentato da un vampiro turco» (Cfr. Infernaliana, C. Nodier).


Inquadratura di Leptirica - 1973 - Film horror sui vampiri girato per la TV serba


In entrambi i casi si evidenzia, quindi, la credenza delle popolazioni balcaniche nel fatto che le epidemia di non-morti siano causate dal morso di vampiri turchi, cioè si crede che i turchi siano la vera causa del fatto che gli abitanti dei Balcani divengano non-morti: essi sono solo le vittime della pestilenza sparsa del vampirismo turco. 
Noi perciò distinguiamo i vampiri in: NERI (causa prima del morbo)  ROSSI (vittime del morbo).



[Per il complesso di tali informazioni cfr. M. Barzaghi, Il mito del vampiro, Rubbettino 2010, cap. I, “L’immagine del vampiro nel folklore e l’elaborazione del culto dei morti nel cristianesimo”]

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