domenica 20 marzo 2011

"Il Mito del Vampiro" (Rubbettino, 2010), un saggio di Mario Barzaghi (I parte)

Francisco Goya - No te escaparas

Il vampiro è un campo di forze spirituali che in Occidente ha 280 anni (infatti compare in Europa verso il 1730) per cui è un mito moderno.
La narrazione del vampiro implica, peciò, che ci si avventuri in una ricostruzione della modernità: cosa sia un tale periodo della storia del mondo lo dice il suo stesso nome derivato dal termine “moderno” coniato in latino nel VI secolo fondendo i termini “modo” e “hodie”, a indicare una vita che si svolge sempre e comunque in base a ciò che è “attuale”, cioè  “al modo d’oggi” o "alla moda".
Che vi sia tutta un’epoca in cui si vive unicamente “al modo d’oggi” o "alla moda"  implica che in essa è stato adottato un giudizio di valore: quello per cui ciò che avviene oggi sia sempre ogni volta buono, bello, giusto, vero, ma anche che, non appena trascorso, debba scomparire nel nulla del passato in quanto questo viene inteso come sinonimo di superato, sorpassato, fuori moda e, come tale, subito condannato alla damnatio memoriae. Tutto questo la dice lunga sul tono spirituale del nostro mondo la cui filosofia della storia sancisce, dunque, che lo scorrere temporale rappresenti un procedere positivo, cioè un incremento di essere.
Secondo noi questo tono spirituale moderno può essere interpretato in modo adeguato attraverso il mito. La produzione di miti non è riservata ad epoche trascorse in cui il pensiero logico/scientifico non aveva ancora raggiunto una propria maturazione, bensì essa resta una delle attività fondamentali anche dell’anima moderna poiché questa elabora alcune immagini di sogno in cui si sintetizza l’essenza della propria epoca.
Riteniamo che tali immagini siano in grado di testimoniare sotto forma di dramma mitico lo sviluppo della modernità, e pertanto che la via del mito possa offrire scoperte che la via della critica concettuale riflessiva non è stata in grado di portare a termine a causa dei suoi vincoli originari col procedimento logico/metodico. L’immagine mitica, non vincolata al metodo, ma libero frutto dell’immaginazione, può, quindi, offrire un accesso privilegiato al senso dell’essere moderno.
Tra le immagini mitiche in grado di esprimere aspetti fondamentali del sentire moderno vi sono, a nostro avviso, quelle di Faust, del Vampiro e dell'Incubo Persecutore. Di qui la scelta di occuparci, come indica il titolo di questo libro, del Mito del vampiro, cioè di un oggetto dell’immaginazione, il vampiro, trattandolo sotto specie mitica, cioè non come fosse - secondo la corrente vulgata - una capricciosa o arbitraria elaborazione della fantasia di un autore di racconti dell’orrore, ma come una manifestazione universale e necessaria dello spirito della civiltà di un’epoca, cioè, appunto, come un mito: si tratta qui di decifrare il vampirismo in quanto mito, in quanto il mito offre già di per sé una sintesi a priori dell'immaginazione trascendentale, cioè un contenuto oggettivo: una rappresentazione pre-concettuale oggettiva universale e necessaria, non più particolare\psicologica.
Si deve, poi, osservare che il sottotitolo del libro, Da demone della morte nera a spettro della modernità, vuol dire “dall’arcaico al moderno”, cioè dal vampiro quale immagine della disgregazione della “natura prima”, o della peste, così come si configura nel folklore, a quella della disgregazione della “natura seconda, cioè di una pestilenza spirituale intervenuta storicamente nel mondo moderno.
Ed ecco che infatti il significato del vampirismo passa da quello di rituale esorcistico primordiale della peste, a spettro di una pestilenza spirituale di carattere storico.
Ecco le date:
Ø      1732: la cosa di cui si tratta viene ad avere per la prima volta un nome in Occidente, quello di vampiro, derivato – forse – dal serbo vampyr;
Ø      1749: il nome vampiro viene dato dal naturalista francese Buffon ad un animale americano che lecca il sangue: da allora il mostro della peste diventa un animale;
Ø      1741-1754-1764: l’inglese Charles Forman, lo svizzero Rousseau e il francese Voltaire – nell’ordine – fanno del vampiro l’immagine di alcune categorie sociali indicate come malvagie: i politici, i ricchi, i preti, gli sfruttatori del popolo;
Ø      1819-1872-1897: la figura del vampiro viene sviluppata nella letteratura inglese quale espressione di un sentimento di piacevole disgusto per il mondo moderno e per i rapporti affettivi e morali che in esso vanno configurandosi. (Segue II parte)


T. Dreyer - Vampyr (1932) part 1

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