venerdì 31 gennaio 2014

La miseria del liberismo alla luce (critica) del concetto di ideologia.


Vogliamo qui trattare il liberismo quale teoria economica che considera l'arricchimento privato illimitato come un bene pubblico alla luce del concetto di ideologia. Ma è evidente che l'argomentazione critica che qui impieghiamo per smontare le mistificazioni del liberismo è perfettamente in grado di colpire qualsiasi pretesa di spacciare per universali interessi particolari.

 
Fachiro sospeso nell'aria
 
 
Esce in questi giorni per il pubblico di lingua italiana la versione aggiornata del libro di Arthur C. Brooks, La via della libertà,
nel quale si afferma che «Come fautori della libera iniziativa, possiamo trovare conforto nel sapere che i fatti e i dati sono dalla nostra parte, ma, se vogliamo prevalere, dobbiamo prima dimostrare che anche gli argomenti morali sono con noi».
A tale proposito i curatori dell'opera osservano: «In un momento storico nel quale il capitalismo non gode di grande popolarità, Arthur Brooks, presidente dell’“American Enterprise Institute” di Washington, DC, si propone di mettere in luce la natura morale del sistema fondato sulla libera iniziativa. Ne La via della libertà, l’autore spiega come il capitalismo di mercato esalti le individualità, produca equità di opportunità, garantisca mobilità sociale, aiuti gli svantaggiati, predisponga alla carità e corrisponda alle preoccupazioni morali delle persone.» Insomma: una vera panacea.
Ma com'è possibile un effetto talmente meraviglioso da riuscire a santificare anche l'egoismo più gretto? Rispondono i curatori asserendo che «La chiave di volta è il “successo conquistato”, che avvicina alla felicità e alla realizzazione personale più dell’assistenzialismo, capace solo di portare verso una spirale di dipendenza dallo Stato che non giova né all’animo umano né al tessuto sociale
 
 
Fachiro sospeso
 
 
Nel leggere questo repertorio deamicisiano di edificanti intenzioni e miracolose capacità di provocare la felicità generale da parte dell'arricchimento privato viene in mente la favoletta che narrava il grande sociologo Vilfredo Pareto per spiegare ai suoi studenti il concetto di ideologia in quanto mascheratura, appunto, di interessi privati così da farli apparire come pubblici in modo di ottenere la convinta collaborazione al loro raggiungimento proprio di coloro che risultano più danneggiati da tale conseguimento. «Se il gatto acchiappa il topo e se lo mangia», diceva Pareto, «non c'è alcuna ideologia perché i fatti sono esposti così come sono e il gatto appare per quel che è: un cacciatore e divoratore di topi. Se, invece, una volta catturato il topo, il gatto gli impartisce una serie di lezioni in cui gli insegna che, certo, purtroppo dovrà mangiarselo, ma che lo fa solo per il suo bene e con grande rincrescimento, ecco che allora si ha una costruzione ideologica prodotta, appunto, con l'intento di giustificare, ammantandola di un fine superiore, un'attività che soddisfa interessi di parte.
Ma la costruzione ideologica, come si diceva, presenta il grande vantaggio di convincere il danneggiato a collaborare “per il proprio bene” con colui che lo danneggia. Tale processo mostra, quindi, quale suo momento qualificante la presenza di un attore dotato di “cattiva coscienza” in quanto produce teorie ideologiche in grado di indurre “falsa coscienza” in qualcuno: infatti costui, assumendo come propri gli interessi di quell'altro e agendo di conseguenza contro se stesso, viene inconsapevolmente ad autodanneggiarsi. Un autentico processo educativo dovrebbe, allora, essere in grado togliere la “falsità” alla coscienza per renderla “giusta”, cioè semplicemente consapevole tanto dei propri interessi che di quelli dell'altro. Ma, come insegna la storia, il cammino per la liberazione della coscienza attraverso un suo rischiaramento critico è tra i più lunghi e difficili e durante tale percorso le sirene dell'ideologia non smettono di intonare la loro canzone.
 
 
Il gatto e il topo
 
 
 





lunedì 27 gennaio 2014

“Il latte nero”di Paul Celan. Per il 27 gennaio 2014

 
 
Paul Celan
 
Paul Celan è colui che fa poesia dopo Auschwitz (o dopo il 20 gennaio 1942, quando fu decisa la "soluzione finale"), cioè dopo lo scandalo insostenibile della storia (per cui l'uomo e Dio stesso hanno cessato di esistere), nonostante il divieto di Adorno. Ma questo divieto, secondo noi, è simbolicamente rivolto a Mallarmé per il quale la poesia deve avanzare come se nulla fosse accaduto, non certo a Celan per il quale, invece, “qualcosa accade” a interrompere una "conversazione" che si tiene in una bella stanza e che potrebbe andare avanti all'infinito (cfr. P. Celan, Il meridiano, Discorso in occasione del premio Büchner a Darmstadt, 22 ottobre 1960, trad. it. e introduzione di G. Bevilacqua, Einaudi, Torino 1993, p. 3).
 
Qualcosa accade... qualcosa di insopportabile e inesprimibile, ma che Celan ebbe la forza dolce e scandalosa di dire proprio nella "sua" lingua materna-assassina..."latte nero"... 
 
 

FUGA DI MORTE
(Todesfuge)
di Paul Celan

Nero latte dell'alba lo beviamo la sera
lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo di notte
beviamo e beviamo
scaviamo una tomba nell'aria là non si giace stretti

Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all'imbrunire in Germania i tuoi capelli d'oro Margarete
lo scrive ed esce dinanzi a casa e brillano le stelle e fischia ai suoi mastini
fischia ai suoi ebrei fa scavare una tomba nella terra
ci comanda ora suonate alla danza

Nero latte dell'alba ti beviamo la notte
ti beviamo al mattino e a mezzogiorno ti beviamo la sera
beviamo e beviamo

Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all'imbrunire in Germania i tuoi capelli d'oro Margarete
I tuoi capelli di cenere Sulamith scaviamo una tomba nell'aria là non si giace stretti

Lui grida vangate più a fondo il terreno e voi e voi cantate e suonate
impugna il ferro alla cintura lo brandisce i suoi occhi sono azzurri
spingete più a fondo le vanghe voi e voi continuate a suonare alla danza

Nero latte dell'alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno e al mattino ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
 
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d'oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith lui gioca con i serpenti

Lui grida suonate più dolce la morte la morte è un maestro tedesco
lui grida suonate più cupo i violini e salirete come fumo nell'aria
e avrete una tomba nelle nubi là non si giace stretti

Nero latte dell'alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno la morte è un maestro tedesco
ti beviamo la sera e la mattina e beviamo e beviamo

la morte è un maestro tedesco il suo occhio è azzurro
ti colpisce con palla di piombo ti colpisce preciso
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d'oro Margarete
aizza i suoi mastini contro di noi ci regala una tomba nell'aria
gioca con i serpenti e sogna la morte è un maestro tedesco

i tuoi capelli d'oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith

(Tratto da Paul Celan, Poesie, traduzione di Giuseppe Bevilacqua, Mondadori, Milano, 1976.)
 
 








venerdì 24 gennaio 2014

Varie ed eventuali 3 - Il sadismo di massa e la mistificazione sulla ragione umana - Un omaggio a Ingeborg Bachmann


Poiché non è vero che il meglio deve ancora venire, quali argomenti all'ordine del giorno non resta che lasciare le varie ed eventuali.
 
 
Ingeborg Bachmann
 
« La gente si sente in dovere di leggere, e d'altra parte sanno già tutto prima ancora di averlo letto. Anche tu stai leggendo come se già non sapessi tutte quelle notizie sulle torture, identiche una all'altra, tu le leggi e sai che è vero, inumano, che tutto questo deve finire, e poi vorresti magari scattare ancora qualche fotografia, perché centinaia di migliaia di persone possano anch'esse vedere come si viene torturati. Sapere dunque non basta! […]. Io dico soltanto che è già un segno di arroganza, di degradazione e di abiezione mostrare a un uomo come soffrono altri uomini. […]. Quindi fare una cosa simile perché uno posi per un attimo la sua tazza di caffè e mormori: Oh, che cosa atroce! […]. No mia cara, non sono io che considero l'umanità fondamentalmente malvagia, priva di ogni possibilità di capire le cose, irrecuperabile insomma, sei tu che la consideri così, altrimenti non penseresti che oltre un paio di comandamenti gli uomini abbiano bisogno di reportages e “materiale duro” […]. Oh, ma quale, quale ragione, se fino a oggi non l'hanno usata, a cosa è servito mai tutto quello che è stato fatto in secoli e secoli per ridurre l'umanità alla ragione.» (I. Bachmann, Tre sentieri per il lago, in, Id., trad. it. di A. Pandolfi, Adelphi, Milano 2012, V, pp. 164-165; corsivi miei).
 
Ingeborg Bachmann conversa con Paul Celan

domenica 19 gennaio 2014

VARIE ED EVENTUALI. 2

Poiché non è vero che il meglio deve ancora venire, non resta che lasciare le varie ed eventuali quale unico argomento all'ordine del giorno.
 
 
Greta Garbo interprete di "Anna Karenina"
 
2. Anna Karenina o sul valore del masochismo nella vita moderna.
Anna Karenina è bella, è affascinante, è seducente, ma dentro di lei abita, quale ospite il più inquietante, il tumore del masochismo, un mostro che la divora, che le impedisce di godere della sua grazia, della sua fortuna e che, infine, esige che paghi con la vita ciò che la vita stessa le ha donato. Al culmine del suo delirio autopunitivo Anna esclama: «Liberarsi da quello che inquieta […]. E perché non spegnere la candela quando non c'è più nulla da guardare, quando fa schifo guardare tutto questo? […]. Tutto è bugia, tutto menzogna, tutto inganno, tutto malvagità... […]. Là, proprio nel mezzo [del treno, n.d.r.], e lo punirò e mi libererò da tutti e da me stessa» (Anna Karenina, trad. it. di L. Ginzburg, Einaudi 1993, pp. 830-832 passim).
 
Questo luogo, in cui Tolstoj dipinge il senso della figura di Anna o dell'Io moderno, è uno dei più profondi che sia dato trovare nella letteratura. In esso si dice che la più grande persecuzione è quella che infliggiamo a noi stessi. La più terribile delle scoperte è che io sono il persecutore di me stesso, un persecutore sadico e inflessibile da cui non ci si può liberare che con la morte. Io sono il più temibile guardiano della mia felicità, sono io che soprattutto e sopra tutti la ostacolo, la limito, la intralcio in ogni modo possibile e immaginabile. Tolstoj vide e narrò del masochismo come della categoria essenziale attraverso cui cogliere il senso dell'Io moderno.

 
 

domenica 12 gennaio 2014

VARIE ED EVENTUALI - 1. Logica liberistica


Poiché non è vero che il meglio deve ancora venire, non resta che lasciare le varie ed eventuali quale unico argomento all'ordine del giorno.

1 - Logica liberistica. Dice la professoressa della Bocconi all'esponente di “Decrescita felice” durante una trasmissione televisiva: «Se per uscire dalla crisi fossero state possibili soluzioni alternative a quelle oggi effettivamente praticate i privati le avrebbero già trovate». Cioè: le uniche scelte razionali sono quelle in cui i singoli individui interessati alla propria autoconservazione cercano di ottenere il massimo profitto impegnando il minimo delle risorse.
 
A questo punto, con un grazioso ragionamento che fa la giravolta, il conduttore chiede all’ospite che proponeva una logica diversa: «Ma come si fa a trovare i soldi per la decrescita?» (sottintendendo: se non si è sicuri di ricavare un profitto?). Ora tutti sono più tranquilli e possono tornare a guardare nella direzione di marcia del super-locomotore del Sistema che garantisce da secoli una cospicua accumulazione di capitale, anche se ogni tanto deve affrontare lunghe salite che obbligano alcuni ad interrompere le ferie e lo shopping.
 
La scena è finalmente illuminata dalle parole di un uomo della strada intervistato a proposito dell'attuale riluttanza ad impiegare il proprio denaro per far ripartire l'economia: «Perché qualcuno dovrebbe investire nella produzione sperando in un margine oggi molto aleatorio, ma con la certezza di una tassazione elevata, quando comprare titoli, accanto alla sicurezza di pagare tasse molto più basse, gli assicura una cospicua rendita finanziaria?» Ecco la domanda. Essa è preziosa perché, tra l'altro, contiene anche la risposta all'interrogativo: ma chi sono i cattivi?

 
LA MARATONDA


giovedì 2 gennaio 2014

Sul significato dell'essere. Ovvero il Buono, il Brutto, il Cattivo.


Nel bosco c'è un escremento di cavallo.
Passa di lì un cattolico e soavemente esclama:Che bello, c'è un cavallo!”.
Quando, invece, passa un materialista si sente un urlo:Che schifo, una merda di cavallo!”.
Da ultimo passa di là un filosofo che subito chiede: Com'è possibile ci sia qualcosa?”.