C'è una
domanda che ancora oggi a distanza di molti decenni trascorsi dalla
fine della seconda guerra mondiale e dal massacro nazista degli
ebrei, emerge periodicamente nella coscienza di coloro che non si
nascondono che con l'Olocausto quello della Modernità si configura
come il peggiore dei mondi possibili.
Questa domanda è: "perché l'Europa e gli Stati Uniti non fermarono quel massacro? Quali furono le ragioni della passività con cui il mondo cristiano e liberal-democratico assistette al grande orrore degli anni Quaranta?"
Questa domanda è: "perché l'Europa e gli Stati Uniti non fermarono quel massacro? Quali furono le ragioni della passività con cui il mondo cristiano e liberal-democratico assistette al grande orrore degli anni Quaranta?"
E ancora:
"Quali furono le effettive ragioni del silenzio delle potenze
democratiche e liberali rispetto alla strage perpetrata nei lager
nazisti e nei paesi occupati dal III Reich? Perché si finse a lungo
di non conoscere la realtà di quel massacro orrendo?"
“Perché,
con Pio XII, la Chiesa di Roma si unì a quel complice silenzio?"
In un
primo tempo si ritenne che tanto il silenzio degli Alleati e del
Vaticano, quanto la loro passività fossero dovuti ad ignoranza (ai
famosi "Avessimo saputo!" o "Chi poteva
immaginare?!"), ma a poco a poco, nei decenni successivi al
1945, non è più stato possibile negare che Roma, Parigi, Londra,
Washington avessero saputo a partire dal 1941-42 quello che stava
avvenendo nei lager nazisti e, con modalità diverse, nei campi
fascisti sparsi nella penisola.
È
apparso sempre più chiaro che i freni a rompere il silenzio e a
rendere noto quel che stava accadendo nell'Europa centro-orientale
avevano le loro radici nel fatto che le opinioni pubbliche che
(almeno in maggioranza) prendevano sul serio le accuse religiose di
deicidio mosse dal cattolicesimo agli ebrei, come anche quelle, forse
ancor più diffuse, di essere gli occulti burattinai che dirigevano i
governi e gli stati occidentali in base al loro perverso disegno di
dominio dell'intero pianeta.
Il noto
storico americano Theodore S. Hamerow ha pubblicato alcuni anni fa
un'importante ricerca, tradotta anche in Italia, che promette, fin
dal suo titolo, di rispondere alla domanda. Il titolo è, infatti:
"Perché l'Olocausto non fu fermato. Europa e America di fronte
all'orrore nazista." (Feltrinelli editore, 2012). In effetti,
perché potenze liberal-democratiche occidentali come la Gran
Bretagna e gli Stati Uniti che si erano pronunciate nettamente, e fin
dall'inizio, contro la politica razzista e antisemita della Germania
e dei suoi alleati non fecero nulla di concreto per arrestare
l'Olocausto quando sarebbe bastato bombardare le linee ferroviarie di
cui si servivano i treni che trasportavano gli ebrei nei campi di
sterminio, anche se “alla fine del '42 le prove erano diventate
così schiaccianti e incontrovertibili che non poterono più essere
messe in discussione”? (Ivi, p. 300).
"L'Olocausto
non fu fermato - afferma Hamerow - perché anche le democrazie
occidentali furono percorse al loro interno da una fortissima ondata
di antisemitismo che impedì ai governi di prendere misure concrete a
favore degli ebrei. […]. E come avrebbero reagito le altre
minoranze se si fosse intervenuti soltanto in favore degli ebrei?"
Si sarebbe detto che le vite di tanti giovani americani o inglesi
“venivano messe a repentaglio per proteggere una minoranza etnica
sofferente ma straniera. Si sarebbero alimentate le voci secondo le
quali la guerra veniva combattuta per istigazione degli ebrei. […].
E in questo modo ci si sarebbe distolti dal compito primario di
vincere la guerra.” (Ivi, p. 302).
A questo
atteggiamento si oppose negli Usa “nel marzo del '43 ad esempio
Freda Kirchway” denunciando in un grande raduno a New York il fatto
che “l'epurazione degli ebrei è un crimine nazista soltanto da un
punto di vista materiale. In questo paese – disse rivolgendosi alla
folla che l'ascoltava – voi, io, il presidente, il Congresso e il
dipartimento di Stato siamo complici del crimine e dividiamo la colpa
con Hitler. […]. Avevamo il potere di salvare questa gente
condannata e non abbiamo alzato un dito per farlo” (Ivi, p. 311).
La
risposta a tale accusa è stata che la guerra contro l'alleanza
tripartita legata ad Hitler poteva essere combattuta solo in nome
della sicurezza nazionale e non della salvezza di una minoranza, sia
pure importante, come quella degli ebrei. Ma questo, sul piano
storico, significa - e Hamerow lo riconosce apertamente – che,
infine, Hitler aveva vinto “la sua battaglia” perché era
riuscito a cacciare gli ebrei dall'Europa.
Questo
sul piano degli eventi storici. Su quello di una loro interpretazione
essenziale si deve aggiungere che l'Olocausto non fu fermato perché
il suo significato non fu in alcun modo misurato in senso morale, ma
solo in base a criteri politici, tecnici ed economici: ambiti,
questi, i cui fini sono il potere, l'efficacia, il profitto e non
quello, appunto, morale per cui ogni “tu” ha di per sé una
valore infinito.
Ebbene:
tutto questo non è a favore dell'idea che quello moderno è il
peggiore dei mondi possibili?
Disegno di un bambino di Terezin
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